Un viaggio di 100 km. Di corsa.

Un viaggio di 100 km. Di corsa.

100 Km del Passatore 2025 - Racconto di Simone Baboni

Sto correndo ormai da oltre 9 ore e il buio mi avvolge completamente, rotto solo dalla mia lampada frontale che illumina una piccola porzione della lunga riga bianca che si snoda lungo la statale 302, calpestata ritmicamente dai miei piedi come fosse un binario che avanza verso l’infinito.

Sto correndo da 75 chilometri e i pensieri fluiscono liberi, quasi in una sorta di trance, perché la mente non pensa alla fatica né ai movimenti da compiere, ormai automatizzati in un ciclo costante: sono nel flow.

Dettagli Gara
Tempo totale
11:30:30
Dislivello
1450
Pettorale
1608
Posizione
513
Pos. Categoria
94

Pensieri

Penso che mancano solo 25 chilometri e se, fino a pochi chilometri fa, avevo solo la convinzione di potercela fare, ora ne ho la certezza: il traguardo è in fondo alla riga bianca, basta seguirla, aspettando che il tempo passi, lento e costante, come il rumore dei miei passi.

Penso a cosa mi sono lasciato alle spalle: quasi 1000 chilometri di allenamenti del mio Coach Cinque per preparare il Passatore, la più famosa e iconica 100 km del mondo, quest’anno alla sua 50esima edizione…
50 anni, proprio come quelli che ho compiuto un mese fa: questa gara la voglio vivere come il mio regalo di compleanno.

In realtà alle spalle ho lasciato oltre 2.800 partecipanti, gli altri 700 sono davanti a me. Lo so perché il mio amico Edo mi ha mandato un whatsapp del mio ultimo rilevamento cronometrico: “sei in 694° posizione”.

Ogni tanto raggiungo qualcuno, lo sorpasso lentamente e mi scompare dietro, avvolto nel buio.

Penso che ognuno abbia la propria storia, il proprio obiettivo o i propri demoni da combattere e su questa strada condividiamo attimi. O chilometri, visto che poi ai ristori si vedono sempre le stesse facce, sempre più stanche e più provate.

Penso, per darmi forza, a chi mi ha supportato e a chi crede in me: quando corro tanto, infatti, mi piace costruire visivamente nell’oscurità i loro volti e le loro espressioni, mentre mi immagino che mi guardino correre.

Visioni

Mia mamma ad esempio si è palesata al crepuscolo senza che la cercassi, sulla lunga discesa dopo il passo della Colla, quando il cielo ha assunto un colore blu indaco e la prima stella ha cominciato a brillare. Dall’alto l’ho sentita dire anche questa volta “tu sei matto!”, ma so che non lo pensava davvero.

Mio papà invece, che lo pensa davvero, me lo dice sempre in milanese: “Ti te see mat!”.
Lui l’ho visualizzato dopo, quando il buio si è fatto più fitto e ho dovuto accendere la lampada frontale per farmi strada. E pensandolo mi sembrava che la lampada faccesse più luce, forse perché lui rappresenta un faro nella mia vita.

Ogni tanto mi è comparsa anche la Agata di quando aveva 4 anni e mi gridava “Cori cori cori! Forza papà”: e allora istintivamente il mio passo è aumentato, attingendo a non so quale energia, visto che dovrebbero essere ormai finite da un pezzo.

Prove 

In questa lunga giornata ho dovuto affrontare non solo la strada, ma una serie di prove.

La fila di un’ora e mezza sotto il sole di mezzogiorno per ritirare il pettorale, ad esempio.

O l’attesa al caldo in piazza del Duomo fino alle 15.00, stipato in griglia con 3500 partecipanti.

Ma fortunatamente sono sempre stato vicino a LaTo e al Bianchi, miei amici e compagni di avventura: ci siamo dati man forte, abbiamo scherzato e reso piacevole l’attesa forzata.

Partenza

La partenza è stata lenta e incorribile, girando intorno al Duomo insieme ai 3500 partecipanti, scansando pericolosamente quelli che il Passatore lo fanno camminando con i bastoncini (e che potrebbero partire in coda!).

I primi chilometri però sono stati bellissimi, nelle vie storiche di Firenze in uscita salendo dolcemente verso Fiesole e continuando su una strada che attraversava le classiche colline toscane da cartolina.

Amici

Il primo ristoro è stato una manna perché ho potuto immergere il buff in acqua fresca e rimetterlo sulla testa bollente. E ancor più bello è stato raggiungere il mio amico LaTo, partito in griglia più avanti, per correre insieme tanti chilometri successivi: la lunga salita fino a Vetta Le Croci e poi una sgaloppata in discesa fino a Borgo San Lorenzo al 32° chilometro, chiacchierando, facendoci compagnia come vecchi amici e aspettandoci ai ristori che si prospettavano ricchi e puntuali ogni 5 chilometri.

 

Mostri

Il mostro da battere in questa gara sapevamo essere il Passo della Colla a quasi 1000 metri di altezza ed esattamente a metà del percorso, da raggiungere dopo una lunga lenta salita di 16 chilometri con gli ultimi 5 in cui aumenta anche la pendenza.

Non riuscendo a tenere il passo del mio amico LaTo ho lasciato che sfilasse via, senza sentirmi ferito nell’orgoglio:

“La gara è con me stesso, non con gli altri”

Con il sole in calo al 40° chilometro ho sentito la temperatura abbassarsi e l’aria farsi fredda sulla mia maglia sudata: 10 chilometri così non sono affrontabili. Così ho deciso di fermarmi su una panchina per sfilare lo zaino da trail, estrarre ed indossare l’antivento smanicato prima di ripartire per affrontare il mostro con una miglior corazza.

Alternando corsa e camminata sono stato raggiunto da parecchi concorrenti, ma tanto la gara è ancora lunga. Tra questi, con mia somma sorpresa, si è affiancato Luca, ex compagno di triathlon e ora membro dei Cinghiali del Lario, che come me per una volta ha abbandonato boschi e sterrati per correre sul bitume.

“Dai Simo corriamo insieme!”

Non c’era sprone migliore per attaccare il mostro.

I chilometri sembravano non passare mai su una strada sempre più tortuosa, buia, fredda e umida, per via del torrente che scorre al di sotto. E anche tanto trafficata: biciclette, moto e macchine ci costringevano a slalom e cambi di traiettorie continui.

“Fino alla Colla, non si molla!”

Questo è stato il mantra che ci siamo scambiati quando le energie venivano meno o quando le gambe dicevano di non farcela più.

Ma poi ci è bastato pensare che ne avevamo affrontate di peggiori, di più impegnative o di più lunghe, perché le gare di ultratrail come la LUT ti presentano salite fatte apposta per sfidare i tuoi limiti fisici e mentali.

E così finalmente alle 20:30 al passo della Colla ci siamo arrivati, trovando un ristoro provvidenziale ad aspettarci.

Discesa

Il tempo di un bicchiere di coca, un brodo caldo e del pane con la Nutella e via, di nuovo insieme, questa volta in discesa per 7 chilometri verso Casaglia, dove ci aspettava la base vita con la possibilità di un cambio indumenti.

Dopo aver ritirato il nostro zainetto ci siamo diretti sotto un gazebo per spogliarci completamente dei vestiti bagnati. Io ho indossato pantaloncini puliti, maglietta a maniche lunghe, calze asciutte, guscio antivento e lampada frontale, pronto ad affrontare il freddo della sera e il buio della notte in arrivo.

Buio

Ed è proprio in questo buio che mi ritrovo ora, al 75° chilometro, proprio dove è iniziato questo racconto, da solo con i miei pensieri, perchè Luca, nella lunga discesa dopo il cambio, è rimasto indietro.

Ormai ho perso completamente la cognizione del tempo, scandito solo dai tanti chilometri, che vedo scritti con lo spray sull’asfalto, e dai ristori, che mi danno la scusa per fermarmi, mangiare, bere e camminare un po’ prima di rimettermi a correre.
In uno di questi una volontaria mi incita dicendo che sono “messo bene” perché è presto: cerco l’ora sul mio Garmin e scopro che sono le 23.00.
Provo a fare due conti: se riuscissi a tenere un ritmo un po’ più allegro potrei finire la gara in undici ore e mezza, l’obiettivo indicativo che mi ero dato. Vabbè, ma non pensiamoci ora, che il traguardo è ancora lontano.

Mi reimmergo nel solito scenario buio, con il cono di luce che illumina la riga bianca interrotta solo da chi corre prima di me.

 

Raggiungo un paio di runner più lenti che procedono affiancati e pian piano li sorpasso; appena gli sono avanti uno mi urla:
È più duro l’Ironman o il Passatore?
Deve aver visto la M col pallino tatuata sul mio polpaccio:
Te lo dico all’arrivo!

Sogni

Ad un certo punto compare una locanda, anticipata dal cartello “salsiccia, piada e birra”: che voglia di fermarmi!
Sulla porta compare una bellissima ragazza che mi consegna una palla rosa ricoperta di zucchero.

Sarà un sogno o è tutto vero?

“Tieni, un dolcino pesca!”
“Grazie! Che bello! Me le faceva mia mamma!” le dico mentre rallento e cammino per mangiare.
“Sì, ma non ti fermare: corri!” 

Sarà lo zucchero, la crema pasticcera o la frase imperativa, non lo so, ma le gambe ora girano meglio e anche lo spirito è rinfrancato, nonostante i numeri che ora compaiono sull’asfalto sono più bassi di quelli che mi riporta il Garmin.
Come 85° Km? Il mio orologio ne segna quasi due in più.
Come 90° Km? Io ne ho fatti 92!

Messaggi

Continuo ad aumentare il ritmo con la consapevolezza che manca sempre meno al traguardo, galvanizzato dalla soddisfazione di riuscire a superare ancora tanti concorrenti, la maggior parte affiancati da uno o più compagni in bicicletta.
Io non ho lo stesso loro supporto dal vivo, ma accanto a me ho sentito per tutto il tempo la presenza dei miei amici, grazie ai loro messaggi che mi comparivano sull’orologio: Mao con “DAJE ROCCIA”, Edo con “Vai vai eroe!”, Camoz con “Forza campione!!”, Mela con “Sei un missile” e tutti i miei compagni della SGM Triathlon che mi hanno incitato prima della partenza.
Corro anche per tutti loro.

Lacrime

Finalmente entro a Faenza e quando passo accanto al cartello “ultimo chilometro” guardo il tempo sul Garmin: 11 ore e 25 minuti. A questo punto devo dare il tutto per tutto e riuscire a centrare l’obiettivo.

Correre a 12 km/h dopo quasi 100 chilometri è un’esperienza mistica, ma le gambe reggono.

Dopo 400 metri si para davanti una decina di ciclisti festosi in riga che occupano tutta la carreggiata per accompagnare il loro amico al traguardo: non voglio farmi rovinare l’arrivo standogli dietro, perciò accelero ancora, chiedo spazio, li sfilo via e finalmente imbocco la strada transennata verso la finish line.

Ai lati, oltre le transenne, due ali di spettatori accolgono con gli applausi i partecipanti che da ormai qualche ora arrivano alla spicciolata: stanno aspettando che passi un loro amico o parente in gara.

Tra loro non c’è nessuno per me, ma mi godo comunque l’emozione degli ultimi metri al punto che mi salgono lacrime e singhiozzi per aver portato a termine questa impresa, mentre sul tabellone sopra la finish line che sto per tagliare primeggia il tempo 11:30:30.

Ce l’ho fatta.