Sembra impossibile: il mio primo Ironman

Sembra impossibile: il mio primo Ironman

Ironman Cervia 2018 - Esordio sulla lunga distanza di Fabio Cortinovis

Non sono solito tenere diari o raccontare storie ma credo che questa volta ne valga davvero la pena perché mi rincrescerebbe, a distanza di tempo, non rivivere dei frammenti di un’avventura che per me ha dell’incredibile.

[ Fabio Cortinovis ]

La genesi di una pazzia

Tutto cominciò con una semplice proposta fatta al gruppo di amici triatleti:

“A 50 anni voglio fare un Ironman, chi mi segue?”

Il Pado è titubante, ha forse degli impegni importanti che non gli consentiranno di allenarsi per una simile gara ma alla fine… accetta la sfida.
Il Signo, senza dir nulla, si è già iscritto e per lui, ma anche per noi, diventa una sfida contro se stessi.

La preparazione inizia a Gennaio e subito il percorso si fa irto di ostacoli: contrattura muscolare al polpaccio, passa un mese, riparto con l’allenamento running, ma continuo ad avere un fastidio. Per ben 4 mesi non sono in grado di correre, incapace di capire quale sia il problema.
Nel frattempo però continuo il programma di allenamento del mio grande coach Paolo Lazzarin (una vera garanzia oltre ad essere un luminare sportivo).
Diagnosi accertata: lesione al menisco. Non esito nemmeno un minuto nel scegliere di farmi operare. Siamo a Luglio e finalmente riprendo a correre… ma sarò ancora in tempo per l’Ironman di Cervia? Paolo mi dice che potrei provarci e io non ho la minima intenzione di mollare, quindi via a macinare km, ad alzarsi alle 5 del mattino prima di andare a lavorare, a nuotare nelle nervose acque siciliane durante le vacanze con gli amici e a dedicare ore e ore di tempo nei combinati durante i fine settimana.

Il giorno dell’Ironman

Ci siamo: è arrivato il d-day, il giorno che tutti noi tanto aspettavamo.
Sono le 5 del mattino, una colazione carica di carboidrati e liquidi perché tra due ore si parte. Insieme al Pado e al Signo ci dirigiamo alle 6 nella transition area per un check alle borse blu e rosse (per T1 e T2) e per controllare che la bici sia ok. In questi momenti l’attenzione ai particolari si fa maniacale, tutto deve essere sotto controllo perché le variabili che potrebbero inficiare la prestazione sono innumerevoli.

Giovanni Ruscio (Krusciov per gli amici triatleti) il giorno prima ci aveva consigliato di sgonfiare le ruote perché il caldo potrebbe far scoppiare le camere d’aria. E Così avevo fatto ma proprio mentre mi accingo a gonfiare le ruote, la pompa in dotazione dall’organizzazione è così difficile da utilizzare che… sgonfio completamente la camera d’aria!
Impossibile riuscire a riagganciare la pompa alla valvola perchè questa scompare nel profilo alto del cerchione. Il panico mi assale, è ancora buio e non so come risolvere il problema. Chiedo aiuto ad un atleta in attesa di gonfiare la propria bici e, come al solito, la solidarietà non viene a mancare: mi aiuta e non appena riesce ad infilare la pompa nella valvola mi grida “Dai che funziona, alla grande!”
In quel momento l’alba si affaccia sul campo di gara e le prime luci del mattino illuminano oltre 2700 atleti intenti a preparare la propria attrezzatura (alla fine della gara ne arriveranno solamente 2000 circa).

Mi ritrovo con tutti gli atleti della grande SGM Triathlon (un gruppo sportivo di uomini appassionati di sport e rispettosi dei valori umani che davvero contano) ed è incredibile come tra migliaia di atleti ci si possa riconoscere e ritrovare per avvicinarci, tutti insieme, alla zona della partenza.

Ecco ci siamo, arriviamo alla spiaggia e già sono disposti centinaia e centinaia di atleti nelle rispettive griglie di partenza. Il sole ormai ha vinto le tenebre, la musica è a tutto volume, per incitare gli atleti in questa impresa da brividi. La musica rock lascia spazio al countdown segnalato dal battito del cuore amplificato dagli altoparlanti.

Lo speaker annuncia -10, -9… -2, -1 GO!
Si parte: sono le 7:30 del mattino, ma ci vorranno almeno 45 minuti prima del “mio” via.
I nostri compagni Killer, Morsi e Petaz sono già in acqua mentre il Pado, il Signo ed io decidiamo di partire assieme. Kruschiov non lo vediamo, ma sicuramente è concentrato ed in attesa nella sua griglia.

Frazione di nuoto

Finalmente arriva il nostro turno: logo Ironman rosso, poi verde e… si parte!
I 3800 metri di nuoto sono su due tracciati, con uscita all’australiana per ridurre la dimensione del campo gara in mare. La visibilità è ottima, le boe si vedono benissimo e il mare è una tavola: condizioni ottimali per la prima frazione. Purtroppo ci sono parecchie meduse, per lo più innocue, ma che di certo non aiutano a mantenere il battito del cuore rilassato. Una, due, tre boe ma si continua ad andare al largo. Finalmente la boa di segnalazione che indica il cambio di rotta e, come al solito, in prossimità della boa ci si scontra con altri atleti alla ricerca della miglior traiettoria.
A smenarci sarà il Petaz causa un incauto atleta che per “pararsi” dai colpi altrui ha pensato bene di nuotare a rana lanciando un calcione all’occhio sinistro di Max!
Finalmente si torna alla spiaggia con favore di corrente, uscita, passaggio sotto il gonfiabile nero e via di nuovo in acqua per la seconda parte. Quest’ultima è più corta della precedente ed il ritorno verso la spiaggia si fa più spedito (concluderò la sessione di nuoto in 1h7min).
È incredibile l’emozione che si prova nell’approcciare l’area di arrivo segnalata dal gonfiabile rosso e da migliaia di persone in attesa dell’arrivo degli atleti. È il mio turno, il mio bagno nella folla e son così estasiato che non mi accorgo del gruppone della SGM Triathlon (Mario, Mino, Andrea, Gianfranco, Luca, Giovanni, Marco e Laura), dei miei amici (Loris, Enzo, Cristina, Cico, Tina) e nemmeno di mia moglie Antonella che mi stanno incitando a squarciagola: mi dispiace non esser riuscito a contraccambiare tanto entusiasmo e passione ma non posso tornare indietro, devo perseguire il mio obiettivo.

Ecco, l’obiettivo: porsi l’obiettivo di finire una gara Ironman a poche decine di minuti dalla partenza è fuori dalla mia portata. Lo sport è una straordinaria lezione di vita perché ti aiuta a pianificare dei traguardi mentali durante l’intero percorso e a festeggiare in solitudine il raggiungimento di ciascuno di essi. In Inglese si parla di “slice and dice”: qualsiasi problema, anche il più complesso, se lo scomponi in parti semplici diventa risolvibile e … così ho fatto!

T1

Corro tra due ali di folla mentre mi tolgo la muta e dopo diverse centinaia di metri raggiungo la zona cambio. Tutto è stato preparato nei minimi dettagli: cerco la borsa blu con il numero 2296, vado sotto il tendone insieme ad altri triatleti per la svestizione e per indossare casco, pettorale ed infilare le scarpe.
Percorro tutta la rastrelliera dove ci sono ancora parecchie bici (buon segno, significa che non sono ultimo!) e via in sella sulla mia meravigliosa Pinarello Dogma F8 per i 180km di bici.

Frazione bici

Si devono percorrere due giri da 90 km ciascuno, arrivando sulle colline romagnole per poi tornare indietro. In questa fase è importante avere un timing regolare per l’alimentazione e l’idratazione: ogni mezz’ora una barretta, ogni 15 minuti in alternanza acqua e bevanda isotonica. Questo lento scandire del tempo mi aiuta a far trascorrere le lancette del mio orologio mentale e, di conseguenza, i km sul Garmin: 5, 10, 20, 40 km … siamo a Forlimpopoli dove un altro bagno di folla accoglie i triatleti in una bellissima piazza medioevale. Altri 2 km ed inizia la salita che porterà a Bertinoro. Tante persone si assiepano intorno alla strada che conduce in cima alla collina per poi ripiegare in discesa verso la pianura. Le prime preoccupazioni iniziano a permearsi nella mente: finora tutto è filato via liscio, ritmo medio di 30 Km/h, ma quale sarà la nuova media dopo la salita? Decido di ignorare il mio Garmin e filo spedito in discesa cercando di usare il meno possibile i freni, posizionandomi in modo aerodinamico sulla bike.
Passano i km …. 70, 80 finalmente rivedo le saline di Cervia, chiaro indicatore dell’avvicinarsi al giro di boia da cui ripetere il giro appena percorso.

Viale alberato, rondò con svolta a destra e … una vera torcida brasiliana mi accoglie incitandomi a proseguire nella mia avventura.

Il tifo, il tuo nome gridato a squaciagola, i volti familiari degli amici, dei tuoi compagni di allenamento, della tua famiglia.

Credetemi, non c’è nulla di più dopante che sentire l’affetto e l’incitamento dei propri cari.

 

È un’iniezione di fiducia, una dose di adrenalina che percorre tutto il corpo, un vero stato di grazia. I pensieri ai tanti sacrifici fatti quest’anno per preparare la gara vanno proprio a loro, ma soprattutto alla famiglia, ad Antonella ed Eugeny per aver accettato ore ed ore dedicate allo sport durante i fine settimana, per avermi sopportato nei diversi stati d’animo causati dai tanti infortuni occorsi nei mesi passati. Grazie!!!

È tempo di tornare alla gara, 90, 100Km, grido a me stesso: “Dai Fabiooo, ne mancano solo 80!“. Altri triatleti si girano per capire cosa diavolo stia succedendo, ma dopo pochi secondi tutto torna nella normalità.
140, 150, 160Km ci siamo, vedo le saline, ma proprio mentre percorro la strada verso Cervia un forte vento contrasta gli atleti ed il percorso di avvicinamento a Cervia si fa sempre più difficile. 20Km ancora da gestire fisicamente per lo sforzo addizionale ma anche mentalmente per distribuire in modo oculato le energie per affrontare la prossima sfida: la maratona. Finisco la sessione bike con una media di 30.5 Km/h.

Frazione corsa

Percorro le prime centinaia di metri ed ecco ancora il mitico gruppo della SGM Triathlon ad incitare i propri compagni: che figata! Dovrò percorrere 4 giri di 10 km circa; dai Fabio non pensare ai km che devi affrontare ma gioisci per ciò che sei già riuscito ad ottenere! Capisco che possono essere artefatti per ingannare il cervello, ma tutto è lecito pur di allontanare le nubi nefaste del ritiro. Me l’hanno detto, prima o poi arriverà il muro, quella condizione critica psico-fisica che non ho mai gestito. Meglio però non pensarci adesso, non servirebbe a nulla. Ci sono ristori ovunque: tanti volontari ad assisterci, ad offrirci tutto ciò che può essere utile a lenire le nostre fatiche e nutrire il corpo per portare a termine l’impresa.

L’organizzazione Ironman: una vera macchina da guerra. Durante l’iscrizione mi son stupito per l’elevato costo, ma dopo aver utilizzato tutti i servizi offerti devo ammettere che sono soldi spesi davvero bene. Un’organizzazione impeccabile, semplicemente perfetta. Un grazie sincero a tutto il personale IM e ai tanti volontari che non hanno mai smesso di leggere il mio nome dal pettorale per poi incitarmi a non mollare: “dai Fabio sei un grande, manca poco per essere un Ironman!

Sti cazzi, mi mancano ancora 30 km, ma va bene così. Sì, perché mi ero prefissato di correre ad una media di 5:45 al km, concordata con il mio coach in virtù del poco allenamento running fatto durante l’anno (800 km circa).

Inizio il terzo giro, l’incitamento delle persone non si fa mancare ed è un apoteosi di entusiasmo ed applausi non appena Alex Zanardi mi sorpassa per concludere il suo Ironman battendo il record mondiale, già suo. Alex, un vero campione, un modello per tutti noi, sportivi e non.
Al quarto giro, a circa 12 km dall’arrivo, inizio ad accusare i primi sintomi di quella che sarà, d’ora in avanti, la mia scalata al monte Everest.

Credo di aver bevuto troppo durante i ristori, ho tanta acqua in corpo ed avverto dei conati di vomito. È arrivato il momento di gestire il primo, anzi secondo vero imprevisto. La mia velocità inizia a rallentare a 5:50 poi 6:00, 6:30 min/km (finirò la maratona con una media di 6:03 min/km).

Vedo il Morsi proprio mentre incrocia Petaz che è in difficoltà causa coliche e dolore all’occhio infortunato durante il nuoto. Percorro altri km, mi fermo per fare dello stretching e provare a rilassare la muscolatura. Ai ristori chiedo delle spugne intrise di acqua fredda per alleviare i dolori alle spalle, ma le nubi dell’abbandono continuano a seguirmi silenti nel mio lento incedere verso il traguardo. Cerco qualsiasi appiglio per tenere il più alto possibile la condizione psico-fisica, facendo ricorso a letture motivanti installate dagli organizzatori su dei pannelli lungo il percorso:

Do you want to cry? Do it now!
Is it easy? No. Is it worthwhile? Yes!
Today you are going to complete your Ironman
This way to the glory

Sto completando l’ultimo giro, ho già tutti e quattro i braccialetti che segnalano il quasi completamento della maratona, ma proprio mentre imbocco l’ultimo km verso il red carpet mi fermo, esausto ed inizio a camminare.

Ironia della sorte vedo proprio il Pado accanto a me che sta iniziando il suo l’ultimo giro:
“Ciao Ange”
“Ciao Fa’, come stai?”
“Sono morto e tu?”
“Non me lo dire: non ce la faccio più.”
“Ciao Ange, ti aspetto all’arrivo, non mollare!”
E cosi mi preparo per quell’attimo che durerà tutta una vita, almeno nella memoria e nel ricordo di questo racconto.

La musica è assordante, le luci stroboscopiche illuminano il tappeto rosso e sui lati gli spalti dove la gente entusiasta applaude. Alzo le braccia al cielo per salutare Chiara e Massi e finalmente mi godo questi ultimi 100 metri di gloria assoluta, di adrenalina pura.

Sento le persone che gridano il mio nome, gli speaker che annunciano:

“Fabio Cortinovis, you are an ironman”

E poco prima di raggiungere il traguardo c’è Antonella che mi aspetta entusiasta per darmi il cinque.

Epilogo

Suona la sveglia, sono le 6:30 ed è ora di prepararsi per andare a lavorare. Il primo pensiero è la frase di Nelson Mandela che VunDuTri ha dedicato agli Ironman il giorno della gara:
“Sembra sempre impossibile farcela. Finchè non ce la fai”