Tri like a DeeJay, tri with Aldo Rock

Tri like a DeeJay, tri with Aldo Rock

Deejay Tri - Triathlon Sprint - Milano

Premessa

Dopo aver creato un evento nazionale con la DeeJay Ten, Linus & Co. hanno deciso di provarci col triathlon, forse invogliati dai tanti racconti epici del mitico Aldo Rock che da anni accompagnano la trasmissione DeeJay Chiama Italia (qui la registrazione dell’intervento di Aldo in trasmissione il giorno prima della gara).
E così, al grido di “Tri like a DeeJay”, ecco che comincia la promozione del primo DeeJay Tri previsto su distanza Sprint e Olimpica, organizzato nella comoda cornice dell’Idroscalo, a 10 chilometri da casa mia.
I responsabili della mia società, la SGM Triathlon, decidono che questa gara, nella versione sprint, sarà assunta a “gara sociale” e invitano tutti gli atleti soci ad iscriversi. E così ad inizio anno segno sul calendario questa gara: dopo gare “lunghe” e l’ultimo mezzo Ironman a Rimini, ho voglia di tornare a sfidarmi su gare brevi e veloci. Il mio ultimo sprint risale a maggio 2016, quando ho aperto la stagione con il mitico Sprint di Andora, un classico.
E poi lo sprint dell’Idroscalo è la gara con cui ho debuttato nel mondo del triathlon, nel “lontano” 2014: se è vero che il primo triathlon non si scorda mai, è altrettanto vero che si vuole sempre migliorare, ripetendo a distanza di tempo la stessa gara.
E con tutte queste premesse mi iscrivo, nonostante un costo di iscrizione piuttosto esoso per uno sprint (45 euro), “ma tanto risparmio in costi di trasferta” penso.

Anche se la DeeJay Ten non me la cago perchè è troppo pop, il DeeJay Tri non me lo voglio perdere… quando si dice “coerenza”.

Gli 850 pettorali vengono venduti velocemente e molti miei compagni di squadra ritardatari non fanno in tempo ad iscriversi, peccato. Alla fine però della SGM Triathlon siamo iscritti in 20.

La settimana della gara

La gara è sabato. Giovedì approfitto della giornata di sole per andare a lavorare in bici: la strada che devo fare, nella parte che costeggia l’Idroscalo, ripercorre il tracciato della gara, così la provo, memorizzo la posizione delle buche e dei punti sconnessi, provo alcune curve e cerco di immaginare la sensazione adrenalinica che mi aspetta.
Sul gruppo whatsapp della squadra vengono postati i nomi, i pettorali e le batterie assegnate a ciascuno di noi. Io ho il pettorale 488 e sono in quinta e penultima batteria: ma come? Io ho il rank, dovrei essere nelle prime batterie, come è possibile? Ok, l’anno scorso ho fatto solo uno sprint, ma due anni fa ne ho fatte due: il rank l’ho ottenuto e dovrei averlo mantenuto.
Provo ad indagare e scopro che lo sprint di Portoferraio del 2015 non era “di rank”, quindi, non avendo fatto due sprint nel 2016, ho perso la mia posizione in classifica per il 2017.
Mi metto il cuore in pace, pensando che partendo dalla quinta batteria avrò più stimoli nel recuperare quelli che sono partiti prima di me.
Venerdì, sul ritorno dall’ufficio, mi fermo a ritirare il pacco gara che merita solo per la maglietta in cotone rosso con lo slogan bianco “Tri like a DeeJay”: la sfoggerò nelle prossime occasioni: faccio triathlon io, mica una corsetta di 10 chilometri!

Prima di andare a letto metto nel pentolino 5 cucchiai di avena con un cucchiaino di semi di chia per la colazione dell’indomani; prima di addormentarmi ripasso mentalmente le procedure da svolgere in sequenza nelle due transizioni di gara.

 

Dettagli Gara
Tempo totale
1:10:12
Dislivello
0
Nuoto
00:12:08
T1
0:01:17
bici
0:32:51
t2
0:01:30
corsa
0:22:28
Pettorale
488
Posizione
130
Pos. Categoria
17

Il giorno della DeeJay Tri

È sabato, mi sveglio alle 7.00 come al solito, faccio scaldare l’avena, aggiungendo miele, mela, cannella e frutta secca: il porridge ormai è diventata la mia colazione preferita.
Indosso il body, mi tatuo con i trasferelli del pacco gara il numero 488 su polpaccio sinistro e braccio destro, attacco gli adesivi 488 sul casco e sullo zaino. Ultimo controllo della pressione dei pneumatici della mia Cannondale Caad 10 a cui ho già rimosso le aerobar – proibite nelle gare con scia – e sono pronto.
Il bello delle gare all’Idroscalo è che ci posso andare direttamente in bici.

Quando arrivo ai gonfiabili della partenza incontro i miei compagni di squadra Ale, Enrico, Cinque, Giuseppe e Valter che hanno già lasciato la bici: pacche sulle spalle e frasi di incoraggiamento reciproche. Aspetto Beppe, con cui ho appuntamento, e insieme ci dirigiamo in zona cambio.
Aggancio la bici sulla rastrelliera tramite il retro della sella Adamo, posiziono lato catena le scarpe da running dopo una spruzzata di borotalco all’interno, aggancio le scarpe da bici ai pedali e le fisso con gli elasticini: è la prima gara dove lascio le scarpe agganciate e spero di non combinare pasticci nel salire alla bersagliera.

Cerco di memorizzare il mio corridoio e la posizione della bici per evitare di perdere secondi preziosi durante le due transizioni. I miei nuovi pneumatici Michelin con la striscia verde spiccano subito rispetto a tutte le altre ruote: ottimo punto di riferimento!

Uscendo dalla zona cambio incontriamo anche Paolino e Luca, i favoriti della squadra per questa gara, Enrico – che è al suo esordio nel triathlon – e Ale che invece è un veterano.
Passiamo per il deposito borse quindi ci avviciniamo alla zona della partenza dove si stanno accalcando tutti attorno al palco: alcuni deejay fanno intrattenimento e danno il benvenuto ad Aldo Rock, che sale sul palco e incita gli astanti al suo solito modo. Vai uomo!

La prima batteria, formata da tutte le triatlete donne con cuffie rosa, percorre il pontile e si butta in acqua: alle 12.30 in punto il suono della tromba decreta lo start. La mia batteria, penultima, parte alle 12:54, così vedo la partenza di tutte le batterie e ho modo di studiare il tracciato, le traiettorie e la posizione delle boe: ce ne sono 3 tutte da girare di 90° lasciandole a sinistra e infine due che fungono da cancello prima di puntare al pontile di rientro.
La seconda batteria è formata dagli atleti elite con cuffia d’oro: i primi dieci vengono chiamati sul pontile in ordine, a partire dal numero 1, Daniel Hofer, campione italiano sulla distanza sprint, oggi il favorito. Mi piace pensare che questo sport ci dà la possibilità di gareggiare con atleti professionisti.

Frazione di nuoto

La mia strategia oggi prevede, a differenze delle gare lunghe, di partire subito aggressivo nel nuoto, per cui quando ci buttiamo in acqua guadagno la prima fila. Nonostante ci siano attorno a me 149 persone, non siamo ammassati e ho spazio attorno sufficiente per non sentirmi soffocato.

Come sempre in questi momenti sembra che il tempo non passi mai, mentre cerco di stare a galla senza sprecare energie e attendo di sentire il suono della tromba. Eccolo! Avvio anche il Garmin 910xt e comincio a nuotare, respirando ogni 3 bracciate così da controllare la situazione a destra e a sinistra e facendo andare forte i piedi per dare subito più distacco possibile da chi mi sta dietro. Controllo spesso la boa, dritta davanti a me, alzando la testa frontalmente, così da mantenere la traettoria più lineare possibile. A destra non vedo nessuno, sono davanti; a sinistra c’è solo un triatleta che va più veloce di me: gira la prima boa per primo e, dopo una quindicina di metri, giro io: sono secondo! Mi galvanizzo, ma dura poco: il terzo è nella mia scia e dopo non molto comincia a passarmi. Per scartare due cuffie azzurre della batteria precedente, praticamente ferme, non riesco ad agganciarmi alla sua scia. Ormai respiro ogni due bracciate per portare ossigeno fresco ai muscoli che cominciano a sentire la fatica dell’essere partito troppo forte. E si aggiunge anche il disagio del riverbero del sole che tra la prima e la seconda boa, la più lontana, è frontale: “già, ma dov’è la seconda boa”? È controluce e non la vedo!
Però mi trovo sulla destra ad intervalli regolari delle boette arancioni e sul fondo si vede la cima che le collega: “così vado dritto, spero verso la boa, che però non si vede ancora”.

Passo ancora cuffie azzurre e qualche rossa molto lenta finché, respirando frontalmente, mentre squadro il campo visivo, con la coda dell’occhio avvisto l’agognata boa a circa 50 metri sulla mia sinistra, affollata di cuffie che stanno virando: “merda, ho perso metri preziosi!

Cambio direzione con un colpo di reni e velocemente punto la boa, mi trovo in mezzo a cuffie di vari colori, anche bianche di persone che mi hanno recuperato; passata la boa non ho più il sole negli occhi e posso mirare la terza boa prima e il “cancello” finale poi, facendo lo slalom tra gli altri partecipanti. Quando arrivo al pontile di uscita e metto i piedi a terra premo il tasto lap del garmin per memorizzare la prima frazione di questo sprint: 10 minuti 59 secondi.

Apro subito la zip della muta sulla schiena e corro, o meglio, arranco verso la zona cambio che dista un centinaio di metri, tra due ali di folla che incita il fiume incessante di triatleti che escono dall’Idroscalo e armeggiano per sfilarsi le maniche della muta.

Io adotto la tecnica di togliere subito cuffia e occhialini, li tengo in mano mentre sfilo la manica della muta e li lascio all’interno dei polsini, così da non correre il rischio di perderli (e ricevere penalità) e così ho già le mani libere quando arrivo alla bici 😉

Frazione bici

Raggiungo la mia bici e mi sfilo la muta calpestandola ripetutamente per agevolare l’uscita dei piedi, inforco gli occhiali, infilo il casco e lo allaccio, tolgo la fascia con pettorale dal manubrio e la indosso in vita con il numero sul retro, quindi sgancio la bici dalla rastrelliera e, governandola dal sellino, corro verso l’uscita della zona cambio. Assaporo la comodità di correre scalzo sul tappeto: le scarpe sono attaccate ai pedali e ora, per la prima volta in gara, dovrò gestire questa novità. Superata la linea rossa il giudice preposto mi da l’ok a salire in bici, continuando a correre salto in sella, appoggio piedi sopra le scarpe e comincio a pedalare: gli elastici si staccano con facilità dai supporti. Appena ho velocità sufficiente ad avanzare senza pedalare armeggio con la scarpa destra e infilo il piede, altra frullata di pedali per mantenere la velocità e tocca al piede sinistro, chiudo il velcro giusto in tempo per imboccare la rotonda che mi immette nel vialone che costeggia l’Idroscalo.

Ho qualcuno dietro e qualcuno avanti, pochi per fare gruppo, quindi mi metto nell’ottica di spingere più che posso da solo: vorrei raggiungere un gruppone che vedo là davanti a circa 300 metri ma per quanto ci dia dentro la distanza che mi separa, anziché diminuire, aumenta. Senza le mie amate aerobar non posso assumere la posizione da crono che mi piace tanto e che mi permette di pedalare forte per lungo tempo: faccio fatica a stare sopra 40 km/h e la frequenza cardiaca supera i 150 battiti al minuto: sono fuori dalla mia soglia.

 

Resisto per cinque chilometri, dopo il primo giro di boa i muscoli bruciano, rallento e il concorrente 499 che mi è stato attaccato fino ad ora si offre di darmi il cambio, così sto io in scia un po’, ma ad una velocità inferiore. Tant’è che un gruppo di ragazze ci sorpassa sul rettilineo di ritorno e ci si piazza davanti; io mi distacco un po’ perchè la scia è vietata tra partecipanti di sesso diverso, mentre il 499 sta a ruota, proprio mentre passa la moto con i giudici che gli intima di staccarsi o sorpassare. I due chilometri fatti in scia mi hanno consentito di smaltire l’acido lattico accumulato fuori soglia e le gambe ora non mi fanno più male, quindi con ritrovata energia accelero deciso, passo il 499 e gli urlo di seguirmi: “superiamo tutte queste donne!

Anche perché tra poco ci sono rotonde e giri di boa e non voglio che qualcuno mi intralci su punti stretti e pericolosi.

Il tracciato prevede il giro attorno all’edificio IBM e la velocità qui cala necessariamente per la quantità di dossi e dissuasori presenti che mi fanno rimbalzare anche i pensieri: non vedo l’ora di tornare sulla strada principale. Esco dall’IBM, mi immetto nelle grossa rotonda dove, girando stretto, supero due concorrenti; appena li ho alle spalle sento un colpo di pistola e uno sfiato che mi fanno balzare il cuore in gola: con la coda dell’occhio vedo che uno dei due ha bucato, fortuna per lui nel punto più vicino alla zona cambio, fortuna per me che è successo a lui 🙂

Sono di nuovo sul rettilineo, vorrei rimettermi a 40 km/h ma non ci riesco. Vengo raggiunto da un bel gruppone, probabilmente quelli della mia batteria forti in bici, ma meno a nuoto. Li vedo sfilare uno ad uno, provo a tenere il loro passo finché mi viene proposto di entrare, così mi immetto nello spazio lasciatomi libero, mi lascio risucchiare dalla scia e tiro il fiato pur viaggiando ad oltre i 40 all’ora.

Si avvicina il giro di boa a 180° dove si rallenta, fino al punto di fermarsi, così decido di scalare un po’ di posti nel caso i primi facciano un rilancio che mi staccherebbe dal gruppo. Ed in effetti è così: praticamente da fermi tutti in piedi sui pedali a spingere per ripartire più veloci possibile; non mi faccio cogliere impreparato e mi posizione terzo. Sul rettilineo di ritorno i primi due si danno un paio di cambi e poi giustamente pretendono che sia io a tirare: non me lo faccio dire due volte, anche perché, come prima, non voglio intralci durante il giro dell’IBM.

Ormai la frazione in bici volge al termine, do uno sguardo al Garmin per controllare la media: 37 km/h. Nei miei piani doveva essere 40, dovrò dare il tutto per tutto nella corsa.

Frazione Corsa

Salto giù dalla bici dopo aver sfilato i piedi dalle scarpe e corro nella zona cambio alla ricerca del mio posto, ma sbaglio corridoio: dietro front e perdo qualche secondo. Aggancio la bici, tolgo il casco e gli occhiali, metto la visiera quindi infilo le Asics Gel Hyper Tri nuove, ma la linguetta della scarpa sinistra si arrotola sul collo del piede sudato e non riesco a raddrizzarla. Sono costretto a togliere e rimettere la scarpa: altri secondi che se ne vanno per niente.

Esco dalla zona cambio correndo sul lungo tappeto che avevo percorso all’uscita dal nuoto: in alcuni punti è bagnato ed ondulato, sento il rischio di inciampare mentre armeggio con un enervit gel one hand e litigo con le mie gambe che non hanno ancora capito che ora devono correre e non più pedalare.

Il primo chilometro passa veloce, il cuore sta sotto la soglia e la media è di 4’30” al mille: posso fare di meglio. Passo accanto a Walterino che gareggerà all’olimpico tra un paio d’ore e che mi incita: accelero un po’.

Poco dopo riconosco Otto in lontananza dietro la macchina fotografica con teleobiettivo e lo saluto con la mia linguaccia.

Provo ad aumentare la frequenza di passo, supero più persone di quante riescono a superare me, così mi autoconvico di non mollare, ma comincio ad aver sete e arsura: per fortuna prima del giro di boa c’è il ristoro dove branco da un volontario un bicchiere di plastica con l’acqua e continuando a correre provo a bere. Più della metà dell’acqua mi finisce addosso e non in bocca, così non mi disseto ma almeno mi rinfresco un po’.

 

Al terzo chilometro inizia il lungo rettilineo sullo sterrato accanto al lago, accelero ancora un po’, ormai sto correndo fuori soglia, ma sapendo che sono quasi alla fine posso permettermelo: il garmin mi da una media di 4’25” e manca un chilometro solo. Finisce lo sterrato, manca davvero poco e dopo una breve pendenza negativa c’è un tratto in discesa, dove faccio mulinare le gambe e sorpasso altri concorrenti, mirando il primo gonfiabile: ci passo sotto, sapendo che mancano solo 200 metri: spremo tutte le energie che mi restano e finalmente arrivo sulla finish line, che taglio con il mio salto.

Premo il tasto “stop” sul mio orologio gps: 1 ora 10 minuti 15 secondi. Ora posso riprendere fiato.

Finale con sorpresa

Raggiungo il punto ristoro dove ci sono i miei compagni che hanno già terminato e scambiamo un po’ di commenti sulla gara: Luca è andato come un missile ed è sicuramente il primo della nostra squadra; Paolino ha chiuso qualche minuto dopo di lui e io probabilmente sono terzo.

Mentre trangugio una banana, scolandomi una bottiglia di tè e poi una d’acqua, un triatleta della CCN che non conosco mi si avvicina: “Grazie mille! mi hai tirato in bici quasi tutta la gara! Ho provato a starti in scia anche di corsa ma andavi troppo forte”. Vedo il numero 499 sul bicipite “Ah, sei tu!

Una forte stretta di mano sancisce la fine della bella gara e il rispetto reciproco.

Dopo aver mangiato al pasta party con Ale e Giuseppe è ora di recuperare la borsa e la bici. Arrivati in zona cambio ci viene voglia di farci fare una foto con tutte le bici sullo sfondo, così cerchiamo qualcuno a cui chiedere. Poco avanti ci sono tre persone che chiacchierano tra loro vicino a Paolino con Cinque che ci stanno aspettando:

“Raga, che ne dite? Facciamo una foto tutti insieme?”
“Sì, dai!”

Scusi, signore, ci fa una foto?
“Ma.. la foto ve la devo fare o la volete fare con me?”
“Cosa? Ah, ma sei Aldo Rock!?”
“Mitico!”
“Vieni, dai, facciamo una foto insieme!”

 

Foto con Aldo Rock al termine della DeeJay Tri. Grazie Aldo per aver accettato di farti fotografare con noi, la prossima volta ti chiederò un abbraccio invece di una foto! 
Qui la registrazione dell’intervento di Aldo Rock a DeeJay Chiama Italia dopo la gara