Mezzo Ironman tra i colli romagnoli

Mezzo Ironman tra i colli romagnoli

Rimini Challenge 70.3

Premessa

Questo è stato il primo resoconto di una gara che ho scritto e che, dopo averlo condiviso su Facebook, mi ha fatto scattare la voglia di aprire un mio blog… e così grazie al Rimini Challenge 70.3 è nato VunDuTri.com
E’ stata la prima volta in cui ho provato a mettere per iscritto un racconto di come ho vissuto la fantastica esperienza del mio quarto triathlon sulla media distanza. Per poterlo rileggere e rivivere in futuro, per poter trasmettere qualche emozione a chi vorrà leggerlo, a chi riga dopo riga sentirà aumentare il desiderio di cimentarsi con un mezzo ironman e, perchè no, consentire di trarre qualche consiglio a chi pratica triathlon.

L’iscrizione al Rimini Challenge 70.3

Mi sono iscritto al Rimini Challenge 70.3 a luglio 2016, 10 mesi prima della gara, così da darmi un obiettivo importante per l’inizio della stagione 2017 ed essere motivato ad allenarmi durante i rigidi mesi invernali. Pensavo di fare la gara senza la presenza dei compagni della SGM triathlon; tradotto senza lo “stress della competizione”. E invece durante la cena di fine anno, tra le varie gare sulla media distanza, si è deciso che il Rimini Challenge 70.3 sarebbe stata la gara per chi volesse cimentarsi con un mezzo ironman: 1,9 km di nuoto, 90 km di bici e 21 km di corsa. E così, da solo che dovevo essere, ci siamo trovati iscritti in 14!
Per la cronaca: ho suggerito io durante la cena questa gara come la più adatta. Quando si dice “coerenza” 🙂

Gli allenamenti

Ho iniziato a fare triathlon nel 2014 e da allora mi sono sempre allenato “a sensazione”, che è un modo figo per dire “a cazzo” 😀

A volte facevo uscite con la squadra, altre reinterpretavo a modo mio le tabelle viste sui libri e sui siti di triathlon. A gennaio però, quando si definiscono i buoni propositi per l’anno appena iniziato, ho deciso di affidarmi ad un coach. Grazie a suggerimenti del Pado e Corti  mi sono affidato a Paolo Lazzarin. Così ho avuto modo di costruire, poco alla volta, il percorso verso questa gara, costretto a rivedere completamente il modo di allenarmi. Del tipo che tra una ripetuta e l’altra dovevo camminare. “Cosa?!? Ma camminare è un disonore! Vabbè, se però lo dice il coach lo faccio“.
Ho cominciato a conoscere le mie zone cardio, a capire quando si entra in disidratazione o in crisi di fame, cercando di ripensare e interpretare tutte le sensazioni delle gare passate. Insomma un bel percorso di crescita, che è solo all’inizio.

L’alimentazione

Dal giovedì ho iniziato a seguire le indicazioni alimentari del coach per il cosiddetto “carbo-load”, anche se non per filo e per segno, soprattutto da venerdì sera visto che stando in trasferta a Rimini, tra albergo e ristoranti, non c’è sempre quello che prevede il piano e mi sono dovuto buttare anche su piadine e cassoni 🙂
Non ho mai mangiato tanta pasta e tanta marmellata come in questi 4 giorni. Accompagnate da spinaci e integratori di vitamine, potassio e magnesio.
Psicologicamente mi sento pronto e carico. Temo solo per il meteo che continua a cambiare e c’è rischio pioggia sul tracciato in bici: io non vado mai in bici quando piove e per di più ho appena montato i nuovi pneumatici slick.
Ho alcuni dubbi sulla strategia di alimentazione in gara: mi è sempre stato detto che i prodotti che si assumono in gara andrebbero prima testati in allenamento; quando ho detto ai miei compagni che nelle borracce avrei messo maltodestrine e fruttosio mi hanno fatto terrorismo psicologico in quanto a qualcuno aveva procurato la dissenteria in gara. Nonostante questo ho deciso di fidarmi delle indicazioni del coach: 2 borracce in bici e 4 enervitene per la frazione di corsa. Nessun alimento solido.

Rimini Challenge 70.3: la gara

Circa 1300 partecipanti; io che speravo di essere nelle prime batterie (visto che ho il rank sul 70.3) scopro di essere nell’ottava e ultima batteria. Dei miei compagni solo Fede è in ottava con me, tutti gli altri partono prima: perchè questa ingiustizia?!
Mi spiegano che le batterie sono state formate in base alla categoria/età e gli M1 come me e Fede sono in ultima batteria. In poche parole: partenza dopo 30 minuti rispetto ai primi.

Frazione Nuoto

Il mare è piuttosto freddo, circa 16°, con un’onda di 50 cm, il cielo coperto. Tutti sfoggiano sgargianti mute nuove da triathlon a spessore variabile, molti mettono cuffie di neoprene sotto la cuffia della gara. Io indosso la cuffia bianca della mia batteria e analizzo la mia vecchia Aqua Sphere aqua skin, muta da nuoto, spessore costante di solo 1 mm, e che ormai è al suo quinto anno di attività: nonostante i buchi e gli strappi sotto le ascelle io ci sono affezionato. “Mi farà andar forte lo stesso” mi dico per convincermi che non è ancora arrivato il momento di cambiarla.

Mandrie di triatleti vengono indirizzati dentro i recinti e le batterie si susseguono con partenze ogni 5 minuti. Vedo tutti i miei compagni di squadra prendere il via, mentre sale l’adrenalina e la tipica ansia pregara. Vabbè, ne approfitto: studio il tracciato, guardo la posizione delle boe e le traiettorie che seguono i 1100 triatleti già in acqua: ognuno va dove vuole in balia di onde e corrente. E dopo il primo giro di boa sono troppo lontani per capire che cosa succede. Conto le boe e cerco di memorizzarle: rossa, rossa, nera, nera. Quelle nere faccio fatica a vederle da riva.

Suona la tromba del nostro turno, avvio il Garmin Forerunner 910 XT e 200 quarantenni agguerriti corrono verso un mare scuro che ci schiuma addosso, impedendo di nuotare per numerosi metri perchè l’acqua è bassa. E allora io vado di delfinetto, tuffandomi nella cresta delle onde e sbucando fuori prima dell’onda successiva per spiccare un altro balzo. Con questo sistema guadagno metri e posizioni pur essendo entrato in acqua tra gli ultimi.
Mi metto a nuotare e cerco il mio ritmo regolare, il freddo non lo sento già più; anche se ad ogni gara mi riprometto di respirare ogni tre bracciate, parto subito ogni due, respirando sempre a destra per non esporre la bocca all’onda che frange di traverso.
Tirando fuori la testa sulla cresta delle onde riesco a vedere e puntare direttamente la prima boa nera, a 650 metri da riva. Comincio a superare concorrenti con la cuffia di un colore diverso dalla mia: sto raggiungendo i più lenti delle batterie partite prima… una bella sensazione.
Il giro di boa è sempre un po’ trafficato e chi si trova lì contemporaneamente è costretto a farsi largo tra manate e pedate: vedo qualche sguardo preoccupato di atleti che in acqua non sono a loro agio e vorrebbero attaccarsi alla boa e invece vengono travolti da chi vuol passare in fretta.
Inizio il secondo tratto, da 850 metri, ma per quanto mi sforzi non vedo boe direzionali. E nemmeno quella nera che è lontana, là in fondo, da qualche parte. In un mare nero una boa nera, anche se c’è scritto sopra Jaked, è praticamente invisibile. Forse era meglio un altro sponsor.
Procedo completamente a caso, seguendo i triatleti davanti, che spero seguano quelli ancora più avanti, facendo cordata fino alla tanto agognata boa.
850 metri sono tanti. Ma non così tanti e attorno a me vedo ormai poche cuffie bianche: ho paura di aver nuotato troppo, mi fermo in mezzo al mare, la riva sembra lontanissima e della boa nessuna traccia. Poiché sono convinto di averla superata decido di virare di 90° e puntare direttamente la spiaggia dove è ben visibile il gonfiabile giallo fosforescente dell’uscita. “Ecco, il giallo fosforescente è un bel colore per le boe, mica il nero”.
Poco dopo si avvicina il gommone dell’organizzazione, fischiando all’impazzata per attirare la mia attenzione e quella di altri sventurati dispersi al largo: in tre stanno puntando il dito verso la fantomatica boa nera che si trovava ad un centinaio di metri poco dietro sulla sinistra. Guardo il Garmin: sono in acqua da 20 minuti e ho fatto 9 metri. “Come 9 metri?! Ne avrò fatti almeno 1500! Vabbè ci pensiamo dopo, ora dietro front”, giro la boa e poi a manetta. (Si è scoperto solo dopo che si erano dimenticati di posizionare una boa direzionale rossa a metà del lungo tratto).
Con le onde finalmente a favore e la destinazione visibile canticchio “zitto e nuota, nuota e nuota” mentre le braccia continuano a mulinare.
Arrivo dove si tocca dopo circa mezz’ora in acqua.

Dettagli Gara
Tempo totale
05:40:30
Dislivello
950
Nuoto
00:35:14
bici
03:00:45
corsa
01:57:09
Pettorale
920
Posizione
383
Pos. Categoria
86

T1

Litigo come al solito con la zip della muta, per aprirla, e con le maniche, per sfilare le braccia, quindi mi metto a correre sulla spiaggia tra due ali di pubblico che incita i concorrenti rintronati dalla frazione natatoria che finalmente è finita. Corro talmente piano che riesco a sentire e vedere un gruppetto di amici sostenitori muniti di macchina fotografica, per cui mi metto in posa facendo una bella linguaccia felice.

Entro nella zona cambio e, anche se azzecco il corridoio giusto, supero la mia bici e devo tornare indietro: un classico. Con relativa calma sfilo la muta e mi metto le calze, le scarpe da bici, la fascia con il pettorale, i manicotti e anche lo smanicato antivento.
Sto per mettermi il casco quando arriva il Mago che, pur essendo partito nella batteria prima della mia è uscito dall’acqua dopo di me. Mi guarda e con lo sguardo tra il deluso e il contrito e mi dice “ma no, sei già qui!?” e corre verso la sua bici.
Lo conosco e so che ora darà il massimo per raggiungermi, quindi lo voglio incitare: “Dai, vienimi a prendere!” gli dico mentre gli passo vicino, correndo in modo ridicolo per via dei tacchetti sotto le scarpe, governando la bici dal sellino per la lunga zona cambio e facendo lo slalom tra chi sta ancora armeggiando per togliersi la muta.

Frazione Bici

Salto sul sellino dopo la riga che delimita la fine della zona cambio, comincio a pedalare mentre provo a smanettare con il Garmin 910 XT che non cambia schermata. Niente, si deve essere impallato: l’unica soluzione è spegnerlo, riavviarlo e far partire una nuova registrazione.
Durante i primi chilometri in bici, tutti in piano, anche se sento le gambe che girano bene voglio essere conservativo per 20/30 minuti, come suggerito dal coach. Nei miei piani vorrei fare questa gara tenendo almeno 30 km/h di media, stando sempre entro la mia soglia aerobica: so che le salite a metà percorso saranno piuttosto impegnative e confido sul ritorno in discesa dove potrò spingere al massimo.
Ripenso alla mia strategia che ho messo a punto ieri sera con il Corti: abbiamo dimostrato matematicamente che aumentando la velocità media in bici si ottiene un risparmio di tempo con uno sforzo minore rispetto a quello necessario per avere lo stesso risparmio di tempo aumentando la velocità durante la corsa.

Strategia di gara: nella frazione di nuoto basta uscire dall’acqua, sulla bici si va a manetta e la corsa andrà come andrà 🙂

Con questi pensieri nella testa, i gomiti comodamente adagiati sulle aerobar, le gocce di sudore che colano dalla fronte, i primi chilometri scorrono via veloci, galvanizzato dai tanti sorpassi di concorrenti più lenti. Bevo costantemente con pochi sorsi frequenti il mix di maltodestrine e fruttosio della comodissima borraccia anteriore con cannuccia: i soldi dati a Profile Design sono spesi proprio bene. Non sono ancora sicuro se questo beverone mi possa dare fastidio allo stomaco e al primo rifornimento, dopo la salita di Coriano, afferro una borraccia d’acqua da un volontario. Mi accorgo di aver davanti il Tira, lo raggiungo e pedaliamo vicini fino alla fine della salita scambiando due battute, poi gli offro la mia borraccia d’acqua e accelero mentre lo sento dire “In un’altra gara ti ciuccerei la ruota fino alla fine”!
Prima di Mercatino Conca raggiungo anche il Baluba: lo saluto passandogli accanto e lo sento criticare “Bravo, bruciati le gambe che poi non ne hai più”. Ma lui non conosce la mia strategia 🙂
Parte la salita dura, contrassegnata dal cartello “cronoscalata 3 km”: non è la prima volta che la affronto, so cosa mi aspetta e sono sereno: faccio il mio ritmo, superando molti triatleti con bici da crono che mi avevano passato prima su pendenze inferiori.

Le colline del Carpegna dopo Monte Grimone

Al culmine di Monte Grimano Terme ho una media 27,5 Km/h: dopo uno sguardo di ammirazione del bellissimo panorama sulle colline del Carpegna, mi butto giù lungo la veloce e tecnica discesa, toccando picchi di 65 Km/h: l’adrenalina vince sulla paura.

Altra salita verso Monte Cerignone, che ricordavo più dura, e raggiungo il secondo ristoro, quindi dietro front e via in discesa per quasi tutto il ritorno cercando di tenere almeno i 40 km/h per rialzare la media.
Anche sulla via del ritorno devo spesso districarmi tra tanti concorrenti, molti in mezzo alla strada anzichè sulla destra, molti in gruppetti che sfruttano la scia.

Cerco sempre di evitare la scia: mi piacciono le gare no draft, mi piace fare il mio ritmo, mi piace attenermi alle regole.

In svariate occasioni le moto della giuria mi superano e si affiancano ai gruppi 50 o 100 metri avanti; li vedo gesticolare e penso “oh, finalmente qualcuno prende una penalità”.
Guardo il tempo sul contachilometri: sto pedalando ormai da 2 ore e mezzo e ho fatto oltre 75 Km, la media è ritornata sopra i 30 km/h, vuol dire che, se non cedono le gambe come mi succede spesso dopo 70 km, riesco a finire la frazione in bici sotto le tre ore!
Passo da Riccione e so che mancano solo una decina di chilometri in piano e voglio farli a manetta. La strada finalmente piega sul lungomare di Rimini e vengo investito da un improvviso vento contrario: pedalo a fatica e stento a tenere i 25Km/h. Lascio sfilare un gruppone compatto di una ventina di concorrenti che mi supera: potrei attaccarmi alla loro scia, ma no. Faccio fatica da solo. Manca poco.
Allo scoccare esatto delle 3 ore scendo dalla bici per entrare nella zona cambio, dopo 93 km e un dislivello di circa 1000 metri con una media di 31 all’ora. Il mio coach sarà orgoglioso.

Frazione Corsa

Dopo un T2 abbastanza veloce, ma senza affanno, inizio la corsa convinto di poter tenere un ritmo intorno ai 5 min/km per l’intera mezza maratona. Un po’ di dolori alle cosce e ai glutei, ma il respiro è regolare e la frequenza cardiaca intorno ai 140 battiti al minuto: tutto sotto controllo. Bevo mezzo enervitene ogni 15 minuti come da programma. Alla fine del primo dei 4 lap c’è il gazebo con un tabellone che riporta i numeri di pettorale di chi ha preso una penalità per scia in bici: rallento, cammino e faccio una scansione veloce per sicurezza alla ricerca del mio 920. In basso a destra c’è il 910. Bene, accelero e riparto, ma con meno energia: passano i chilometri ed è un continuo calo di ritmo, ho la sensazione che mi sorpassino tutti. Intorno ai 10 km il Garmin riporta che la media è scesa a 5:15 min/km.

Per quanto mi sforzi, le gambe non rispondono agli stimoli di accelerazione che mentalmente gli do: vabbè, pace, un piede davanti all’altro e prima o poi si arriva al traguardo; so che non si dovrebbe ragionare così, ma in fondo era la mia strategia di gara.

I percorsi multilap sono belli perchè ci sono molte molte occasioni di incrociare i compagni di squadra: sento il Corti che mi grida “Forza Simo” mentre corre come un missile in senso opposto. Batto un cinque a Paolino. Incito il Mago ogni volta che lo incrocio e lui fa altrettanto con me. Sorpasso il Pado che cammina, con la schiena dolorante: “Dai Pado che manca poco.. a che giro sei?” “Al primo” “Oh cazzo!”. Il Killer avrà già tagliato il traguardo da una settimana, ah, no eccolo lì. Ammazza che falcata!
Mi arriva alle spalle Gianfra che mi propone “Dai, la corro con te” “No, no, tu vai e corri!” e provo a stargli dietro, magari con una lepre riesco ad alzare la velocità: “Gianfraaa, a quanto vaiii?” “A 4 e 40!”. Ok, scherzavo, faccio il mio ritmo.
Poi è il turno del Tira che mi sfotte “Ti vedo agile!” ma ormai non ho nemmeno la forza di controbattere.

Alla fine del terzo giro, passando di fianco al gazebo del penalty box, mi cade l’occhio sul tabellone con i numeri e intravedo il 920. Come è possibile? Prima non c’era, sarà la stanchezza, avrò visto male, continuo.. no è meglio esserne sicuri. Torno indietro e mi fermo davanti al tabellone. Il mio numero di pettorale è lì in bella vista in basso a destra, dove al primo giro c’era il 910.
5 minuti di stop forzato per scia in bici. Chiedo al giudice in che punto fosse stata assegnata la penalità, ma non sa dirmelo. “Ma la moto non ti ha mostrato il cartellino?
No, non lo ha mai fatto. Avrei preferito lo avesse fatto, sia per capire in quale modalità ho fatto infrazione sia per arrivare psicologicamente preparato al momento di scontare la penalità.
Vabbè pace, mi riposo 5 minuti e guardo i tanti concorrenti passare: arriva il Mago, mi vede, mi fissa con un’espressione attonita e la bocca a forma di “nooooo”. Ancor più dispiaciuto di me, fila via. Non faccio in tempo a dirgli “Dai corri, che recuperi i 5 minuti che ti ho dato nel nuoto”.

Riparto per gli ultimi 5 chilometri con ritrovata energia. Che però dura solo una decina di minuti poi il ritmo si riabbassa drasticamente, ma ormai mancano solo 2 chilometri: si fanno di inerzia. Prima del bivio verso il corridoio finale mi tolgo lo smanicato antivento della Cannondale perchè orgogliosamente voglio che all’arrivo che si veda il tri-top bianco con il logo SGM Triathlon.

E finalmente eccoli, gli ultimi 100 metri con il tappeto rosso.
Quei 100 metri tra due ali di folla che ti applaude.
Quei 100 metri in cui ci si sente per qualche secondo protagonisti.
Quei 100 metri di gloria in cui lo speaker dice il tuo nome.
Quei 100 metri che, forse, danno un senso a tutta la fatica.
Quei 100 metri che per me sono la rincorsa finale dove spremere le ultime energie per tagliare il traguardo con un salto. Il mio salto di gioia.

Finale

Gara conclusa in 5 ore 40 minuti. Nei miei sogni di gloria avrei voluto finire in 5 ore e 30 minuti, ma sono ugualmente soddisfatto.

Qui la classifica, filtrata sui componenti della mia squadra: terzo!
Senza la penalità sarei stato secondo.
383° assoluto su circa 900

Qui le tracce bici (senza i primi 5 chilometri) e corsa https://connect.garmin.com/modern/activity/1721295972

Purtroppo il Garmin 910 xt si era impallato non so quindi quanti metri ho fatto a nuoto: ho visto i tracciati di compagni che riportano 2.400 o 2.500 metri!
E questo dimostra che puoi allenarti in piscina quanto vuoi, ma in acque libere è un’altra storia, tra onde, corrente, riverbero del sole e scarsa visibilità, sapersi orientare in mare fa la differenza.