Scusa, ma tu sei un Ironman?

Scusa, ma tu sei un Ironman?

Me lo trovo davanti improvvisamente, sul percorso pedonale del lungomare di Riccione in cui sto facendo il mio allenamento quotidiano di corsa.

Un bambino sugli otto anni, minuto, un enorme cespuglio di capelli castani che sembra ribellarsi a ogni tentativo di controllo. Occhi così grandi da sembrare surreali.

Mi fermo improvvisamente, metto in pausa il Garmin.

“Sì, sono un Ironman.”

Per un attimo temo che lui si riferisca al personaggio degli Avengers, ma dal suo sguardo sembra che sappia il fatto suo.

“Quindi tu hai nuotato per 4 km, se andata in bicicletta 180 km e poi hai fatto una maratona vero?”

Ok, non stiamo parlando degli Avengers.

“Esatto. E l’ho fatto diverse volte sai?”

“Sì, lo so perché sei andata anche ai Mondiali di Kona, ce l’hai scritto nella maglia.”

Ok ragazzino, hai decisamente catturato la mia attenzione.

Sto per chiedergli come mai ne sappia così tanto di triathlon ma la sua domanda arriva prima.

“E come hai fatto?”

Se fosse stato un adulto avrei risposto un po’ sarcasticamente: ho nuotato, ho pedalato e ho corso. Ma essendo un ragazzino decido di essere meno letterale, casomai fare l’Ironman fosse il suo sogno.

Che poi, perché questo ragionamento? Perché ci sentiamo responsabili di difendere i sogni dei bambini, ma non facciamo lo stesso con gli adulti?

“Mi sono allenata molto. E facevo sempre un pochino di più di quello che il mio allenatore mi diceva di fare”.

“mh”. Guarda verso il basso. “Anche io l’altro giorno ho fatto un giro in più degli altri bambini in pista sai? Faccio atletica io! Anche io da grande faccio l’Ironman!”
Lo afferma con un orgoglio che mi commuove.

“Bravissimo, con questo atteggiamento anche tu andrai a Kona, ne sono sicura!“

Mi sorride con tutti i denti del mondo, sta per girarsi e andarsene poi fa una cosa completamente inaspettata. Si volta di scatto, mi abbraccia forte le gambe e se ne va salutando con la mano.

Di tutto il percorso del ritorno ricordo solo che tentavo di non inciampare.
Le lacrime che mi riempivano gli occhi erano così tante che non riuscivo a vedere la strada.

[ Roberta Liguori ]

(post originale su Facebook)


Pensieri di un Ironman fatto con il cuore, la testa e le lacrime

1. Pensieri tranquilli ad occhi chiusi

I piedi nudi affondano lentamente nella sabbia umida mentre le dolci onde mi accarezzano le caviglie.
Guardo l’orizzonte di un mare piatto su cui nuvole lontane nascondono il sole che sta albeggiando; chiudo gli occhi e lascio che il Mediterraneo mi infonda la sua enorme calma, mentre attorno a me brulicano nel buio centinaia di persone, chi sul bagnasciuga e chi in acqua.

Quasi un anno di “viaggio” per trovarmi finalmente sulla spiaggia di Calella, per il mio esordio nella gara regina del triathlon: l’Ironman full distance di Barcellona.

Con gli occhi chiusi penso a ciò che mi aspetta: quasi 4 km di nuoto, 180 km in bici e 42 km di corsa senza sosta.
Fino a qualche mese fa questi numeri mi spaventavano, ora mi attraggono e non vedo l’ora di affrontarli: ancora un’ora e potrò mettermi alla prova, ma adesso devo trovare la mia concentrazione, tengo gli occhi chiusi e ascolto i miei pensieri e il battito del cuore.


Tutti in sella, alla bersagliera!

Domenica 15 settembre le stradine e le ciclabili di Mediglia sono state attraversate da un serpentone di 70 biciclette con in sella personaggi provenienti da epoche passate a cui si sono uniti pedalatori seriali e ciclisti dell’ultim’ora: sono i partecipanti della prima edizione de La Bersagliera – Pedalata Goliardica Vintage per le Frazioni di Mediglia.


“Aho, ma n’do cori?” Perché correre?

Noi tutti, più o meno, appena alzati incominciamo a lottare.

Lottiamo contro il tempo.
Lottiamo sul posto di lavoro.
Lottiamo con mogli, mariti, amanti.
Lottiamo contro cani viziati, gatti arrabbiati, automobilisti incazzati…
Tutto ciò ci rende ansiosi e stressati. Ma ecco che in nostro aiuto (almeno nel mio caso, ma spero anche nel vostro) può venire la corsa.
Qualche volta, mentre corro, qualcuno mi grida usando un’espressione romanesca:

“Aho, ma n’do cori?”


Io sono Agnese Casu e ce l’ho fatta

Distanza: 135 miglia (217 km)
Posizione: 2° donna assoluta
Posizione generale: 17° assoluta
Tempo: 40h 51m
Qualifica valida per la Badwater Ultramarathon
La prima donna italiana a tagliare il traguardo nella storia di questa gara.


 


LUT 120k 2023: ricordi di un’impresa doloMitica

Nonno, a me mi piace correre… tu correvi, vero?

Non si dice “a me mi”… comunque sì, ho corso tanto

Quanto?

Ho corso per tanti anni, ho fatto tante gare, sempre più lunghe.

Mi racconti di quando hai fatto la tua corsa più lunga di tutte? 

Oh, guarda, è stato tanto tempo fa, nell’estate del 2023, tu non eri ancora nato!

Taaaanti anni fa: allora eri giovane.

Bhè, oddio, avevo già 48 anni, ed è stata una corsa in montagna.

Ma la mamma dice che in montagna non si corre!

E invece correre in montagna è bellissimo!

Davvero?

Sì, prova: corri in salita fino a lassù e poi torna di corsa fino a quaggiù

Che fatica, nonno!
In salita non riesco a correre, però in discesa sono andato velocissimo, anche se avevo un po’ di paura.

Eh, come ti capisco. Anche io in salita non riuscivo a correre, ma mi piaceva provare ad andare forte in discesa.

E la corsa più lunga di tutte quanto era lunga?

Non era una corsa, era LA corsa: si chiama LUT 120K, che sono le iniziali di Lavaredo Ultra Trail e vuol dire che è lunga 120 chilometri.

120 chilometri? Così tanti?

In realtà erano 122.

Ah. E quanti giorni ci vogliono per fare tutti quei chilometri?

Bhè dipende: in gara il primo ci ha messo 12 ore circa, l’ultimo 30.

Poco! E tu?

Io ci misi 22 ore 17 minuti e 30 secondi, me lo ricordo ancora perfettamente.

E ti ricordi altre cose?

Alcuni ricordi sono nitidi, altri un po’ sfocati, ma le sensazioni le ho tutte in mente.

Dai, raccontami… Dov’era? Quanti eravate? Come sapevi dove andare? Ti fermavi ogni tanto? Ma mangiavi di corsa? Hai dormito? E hai fatto la pipì?

Hei, piano, piano. Quante domande! Se sei così curioso, allora ti racconto.


Da ultimo a centomerdesimo

Siamo in circa 300 stipati tra le transenne e l’arco gonfiabile che delimita la partenza. Accanto a me i compagni di squadra 100%AnimaTrail e alcuni amici della chat Whatsapp Cinghiali del Lario che vedo dal vivo per la prima volta. Sono le 5:55 e mancano 5 minuti alla partenza del Gir Lung: 73 km e 4200 metri di dislivello positivo per la 13a edizione del Trail del Monte Soglio.


Fallimento o miracolo?

La testa è appoggiata a terra e guardo verso il cielo dove le nuvole si muovono lente sopra le montagne, spinte da un vento che si sta facendo via via più freddo. E sorrido.

Sono fermo, scalzo, sdraiato da mezz’ora sull’asfalto caldo accanto al gazebo del 5° ristoro, dopo aver corso e camminato per 83 chilometri con un dislivello totale di 4.600 metri. Mi fanno male i piedi, le caviglie, i polpacci, le ginocchia e i quadricipiti. Ho dolori ovunque. Ma sorrido.

Ho iniziato a correre insieme ad altri 80 trail runner alle 23.00 di ieri e sono in giro da circa 18 ore: non ho mai fatto così tanta strada in una gara, al massimo ero arrivato a 70 km l’anno scorso nell’UltraK Trail. Perciò sorrido.

Ripenso ai troppo pochi allenamenti fatti e alle due gare di avvicinamento, l’Andersen Trail da 45 km e il Trail del Marchesato da 60 km: sono consapevole di non avere nelle gambe la distanza e il dislivello necessari per affrontare un’ultratrail come questa, ma fino a questo punto ci sono arrivato, con un’ora di anticipo sul cancello orario previsto. Quindi sorrido.

E ho deciso di ritirarmi.


Trail running tra mare e grotte

Sono le 5.59, manca 1 minuto allo start del Trail del Marchesato: il buio della piazza è attraversato da 120 frontali pronte a guizzare mentre i Beastie Boys incitano i trail runner con “You gotta fight for your right to party
Ultimi saluti, foto e in bocca al lupo tra i compagni di 100% Anima Trail che affrontano con me questa avventura.

Kick it!

È la prima volta che corro un trail al buio: finché attraversiamo le viuzze di Finalborgo nessun problema, ma appena si imbocca il primo sterrato mi rendo conto che la mia lampada non regge il confronto con quelle professionali di tutti gli altri. I 600 lumen di quello dietro di me proiettano la mia ombra nera davanti ai miei piedi e non riesco a vedere dove appoggerò il passo successivo.
Urge comprare una frontale “come si deve” in vista della gara obiettivo dell’anno: la LUT120 infatti parte alle 23.00.
Le cose si complicano quando dallo sterrato si comincia a risalire la prima montagna su sentieri di rocce sconnesse e radici: la notte non vuole lasciare il posto al giorno e io continuo con appoggi incerti e misurati mentre vengo superato dai tanti più agili e sicuri.

L’alba

Dopo un’ora così, raggiunta la vetta, finalmente l’alba si fa lentamente strada e il sole fa capolino dietro altre montagne: è sufficiente per illuminare i sentieri, ma non ancora abbastanza per riscaldarmi durante la ripida discesa.
Il tracciato è un continuo susseguirsi di salite brevi, ma spesso tecniche o ripide, e di discese nervose: un sali e scendi senza tregua. Le gambe reggono e i chilometri passano, tra boschi e coste rocciose finché il percorso si avvicina alla costa e offre suggestivi scorci di mare che meritano una breve sosta per immortalare il paesaggio e il momento.


“Scopriamo Mediglia”, una tapasciata nelle “mie” campagne

Da 10 anni partecipo a gare di corsa, triathlon, trail running e non disdegno le tapasciate, corse non competitive su percorsi misti asfalto/sterrato. Da tempo sognavo di poter organizzare una tapasciata nelle “mie” campagne, sulle strade e sugli sterrati dove mi alleno, per far vedere, a chi viene da fuori, la bellezza di alcuni paesaggi nascosti al grande traffico: dai campi di grano stile “Il gladiatore”, alle risaie allagate popolate da aironi, beccaccini e ibis, dalle coltivazioni di carciofi in fiore passando per i frutteti e ciuffi di camomilla profumata.

AmoMediglia

Quest’anno sono diventato presidente di AmoMediglia associazione culturale ricreativa che ha tra i suoi obiettivi quello di valorizzare il nostro territorio.  E proprio da presidente ho avuto l’occasione di poter realizzare il desiderio di portare una manifestazione podistico nel mio comune, organizzando la seconda edizione dell’evento Scopriamo Mediglia.
Lo scorso anno erano previsti una corsa di 10 chilometri e una camminata con i cani da 5 km, con partenza dalla piazza di Triginto; quest’anno abbiamo voluto fare un passo avanti, seguendo l’ambizione di trasformare la manifestazione nella prima tapasciata su più distanze nel nostro comune.

La data era già stata definita l’anno precedente da Fiasp, in continuità con la prima edizione: Scopriamo Mediglia si sarebbe svolta l’ultima domenica di giugno; con il vantaggio di avere pochi eventi podistici concorrenti, ma con la certezza di temperature tropicali che avrebbero scoraggiato molti runner e marciatori.

Organizzazione di una tapasciata

Devo ammettere che preparare un evento podistico non è affatto facile: ci sono tanti aspetti tecnici e burocratici che non avevo mai affrontato e altri aspetti pratici e organizzativi che ho scoperto essere imprescindibili per la riuscita della manifestazione.

Per mia fortuna in questa avventura accanto a me, fin dall’inizio, ci sono stati Matteo, Cesare, Francesca e Luca.

Sapevo che la parte più divertente per me sarebbe stata l’ideazione dei percorsi su diverse distanze, ma prima andava deciso un punto di partenza e di arrivo adatto, sia per la logistica che per l’immagine dell’evento.

Quest’inverno ho avuto modo di frequentare il Centro Sportivo Albatros di Robbiano per il corso di atletica di mia figlia e ho conosciuto i due responsabili del centro, Roberto e Renato, che hanno preso in gestione l’ex Centro Sportivo Mapei e lo hanno trasformato in un bellissimo punto di aggregazione a tema sport e non solo.
Mi hanno subito proposto di usare la loro sede per gli eventi di AmoMediglia: l’Albatros risultava la location più adatta di tutto il comune per eventi sportivi come quello che avevo in mente!

Progettazione dei percorsi di Scopriamo Mediglia.

Robbiano è la nostra frazione più vicina a Milano, quindi comoda da raggiungere per chi viene “da fuori”, ma distante 2,5 km da Triginto, la sua frazione più prossima, collegata dalla Provinciale 159, strada ad alto scorrimento, e dalla ciclabile ad essa parallela. L’unico attraversamento pedonale è in corrispondenza di un semaforo.

Ho provato a cercare alternative tra campi e sterrati, ma nulla, i primi e gli ultimi 2 chilometri della tapasciata dovevano essere corsi lungo la ciclabile e al semaforo sarebbe servito un presidio di polizia per gestire il passaggio dei partecipanti in sicurezza sia all’andata che al ritorno.

Avrei voluto poi far correre lungo il proseguimento della ciclabile, accedendo a Triginto dall’ingresso principale recentemente rifatto, ma ho cambiato idea perché [inizio nota polemica] l’accesso è pericoloso, mancano le strisce pedonali e spesso ci sono le autovetture di chi va a messa parcheggiate sulla ciclabile [fine nota polemica].

Ho quindi ideato quattro tracciati di distanza crescente: 7, 10, 14 e 18 chilometri con l’obiettivo di passare vicino a più cascine possibili, su strade meno trafficate possibile e di toccare più frazioni possibili.

Il percorso da 18 chilometri è stato studiato per passare da Robbiano, Triginto, Mediglia, Caluzzano, Bustighera, San Martino e Villa Zurlì e per vedere Cascina Folli con il suo mulino, Cascina Pizzo e i suoi frutteti, Cascina Canova con le risaie, Cascina Marisa, Cascina Floriana, Cascina Moncucca. Mi sarebbe anche piaciuto far passare la corsa nella corte di una cascina: ci ha dato questa opportunità il proprietario della Cascina Melegnanello che ci ha concesso l’apertura dei cancelli e il passaggio nell’aia per tutti e quattro i tracciati.